Una sintesi efficace di quello che la maggioranza degli analisti si attende per il 2023 può essere tratto dal titolo dell’outlook 2023 pubblicato dalla banca d’investimento JP Morgan: “A bad year for the economy, a better year for markets”.
Nel corso dell’anno appena iniziato, i fattori macroeconomici che hanno spaventato i mercati nel 2022 continueranno a manifestarsi con intensità decrescente; ne consegue che anche la caduta dei mercati, che tipicamente anticipano e amplificano le tendenze dell’economia reale, dovrebbe rallentare per dare luogo ad un’inversione di tendenza rispetto alla discesa iniziata alla fine del 2021.
Dunque il 2023 si presenta come un anno ancora difficile per l’economia, perché si prevede un generale rallentamento della crescita e il permanere dell’inflazione su livelli superiori ai target individuati dalle banche centrali, con conseguente necessità di ulteriori rialzi nei tassi di interesse, che tuttavia dovrebbero toccare nel corso dell’anno il punto di massimo.
Dal punto di vista dei mercati, una parte rilevante delle “cattive notizie” è già stata scontata nelle quotazioni attuali e di conseguenza è probabile che si possano registrare performance migliori rispetto all’anno appena concluso.
La crescita economica nel 2023 sarà inferiore alle aspettative, come evidenziato da ultimo dalla banca mondiale che ha ridotto le proprie stime dal 3% previsto solo sei mesi fa all’1,7% indicato nell’ultimo aggiornamento del 10 gennaio. Questo è in parte il risultato delle politiche monetarie restrittive poste in essere dalle principali banche centrali e dovrebbe contribuire a scongiurare il pericolo di una crescita fuori controllo dell’inflazione, che anzi secondo le stime dell’OCSE (che potete vedere nel grafico qui sotto) potrebbe aver raggiunto il punto di massimo nella seconda metà del 2022 e registra un andamento discendente nel 2023.
Con riferimento ai tassi di interesse, la maggioranza degli analisti prevede che negli Stati Uniti e in Europa continuino a crescere, anche se ad un ritmo meno sostenuto rispetto allo scorso anno, almeno fino alla metà del 2023 e che in ogni caso non possano diminuire prima del 2024. In particolare, secondo l’outlook 2023 di Goldman Sachs, per mantenere la crescita al di sotto del potenziale in un contesto di maggiore crescita del reddito reale, è probabile che la Fed aumenti di altri 125 pb fino a un picco del 5-5,25% e che non ci siano tagli nel corso del 2023, mentre la BCE, a fronte del limitato rischio di recessione profonda e della persistenza dell'inflazione, dovrebbe alzare ancora i tassi fino a maggio, con un picco del 3%.
Anche se dal punto di vista dei trend di crescita dell’inflazione è probabile che il peggio sia passato, nei prossimi mesi questo indicatore rimarrà su livelli più elevati rispetto a quanto osservato negli ultimi 20 anni per cui è opportuno considerare una serie di investimenti che consentono di proteggersi dalla perdita di potere d’acquisto.
Gli investimenti che solitamente vengono considerati come protettivi contro l'inflazione sono quelli che hanno un rendimento superiore alla media dei tassi di inflazione. Questi possono includere:
Sebbene l’oro e i beni rifugio siano tradizionalmente considerati utili presidi contro la crescita dei prezzi la loro efficacia a questo scopo varia a seconda del periodo storico. Inoltre occorre considerare che il prezzo di queste attività, che non generano rendimenti come cedole o dividenti, tende a venire penalizzato in termini di costo opportunità dalla crescita dei tassi di interesse che tipicamente si realizza nei periodi di alta inflazione.
Ci sono diversi modi per un risparmiatore privato investire in materie prime, tra cui:
In questo articolo vedremo una rassegna di quali sono le azioni, obbligazioni, fondi ed ETF che meglio hanno performato l'anno passato è che gli analisti prevedono che avranno buone prestazioni anche quest'anno.
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